Sono dal 1998 una Socia Fondatrice dell’O.N.I.G (Osservatorio Nazionale sull’identità di genere) che si occupa di mettere in rete i principali centri pubblici e privati che si occupano di problematiche dell’identità di genere.
Miei ambiti di intervento specifici: sostegno psicologico al disagio di identità di genere e supporto nell’iter di transizione transgeneder.
L’identità di genere è una della componenti fondamentali dell’identità e si riferisce al vissuto psicologico della persona di appartenere ad un genere o all’altro, maschile, femminile o ambivalente. Una persona può non percepirsi appartenente al proprio sesso biologico e riconoscersi e desiderare di appartenere all’altro sesso.
Nella mia pratica professionale con i pazienti che presentano un disagio legato all’identità di genere sono guidata dalla fiducia e dalla convinzione che ogni persona teraputicamente ascoltata possieda le risorse per far fronte alla propria vita anche quando questa diventa generatrice di malessere legato all’identità di genere anziché di benessere.
Il lavoro psicologico che svolgo con i pazienti che presentano un disagio legato all’identità di genere ha come obiettivo il benessere della persona nel rispetto del principio di autodeterminazione. Esso non tende quindi alla “dissuasione” nell’ottica di una patologia da correggere o da scoraggiare, prefiggendosi invece lo scopo di prendersi cura della persona accompagnandola nell’esplorazione del proprio mondo interno e relazionale alla ricerca della soluzione più idonea per vivere coerentemente all’identità di genere percepita interiormente al di là dello schema binario solo uomo, solo donna.
Offro uno spazio di ascolto e supporto anche alle famiglie di origine e ai/alle partner che attraversano l’esperienza di accompagnare una persona lungo il percorso di cambiamento dell’identità di genere.
Gestire il disagio dell’identità di genere con la Psicoterapia
La psicoterapia è un’elemento fondamentale nella gestione dei disagi dell’identità di genere che, oltre a supportare assistiti e relative famiglie, si prefigge l’obiettivo di contenere lo stress a cui sono esposti i transgender, soggetti alla possibilità di sviluppare malattie psichiatriche conseguenti alla loro condizione.
Lo stress causato da discriminazioni, atti di bullismo, abusi fisici o psicologici dettati da transfobia, infatti, aumenta il rischio di sviluppare negli interessati:
- ansia e depressione
- sociofobia e abuso di sostanze
- disturbi del comportamento alimentare
Si stima, purtroppo, che un’elevata percentuale degli individui soggetti a disagio di’identità di genere tenti addirittura il suicidio.
La psicoterapia riduce quindi lo stress prima, durante e dopo la transizione di genere, aumentando l’esito di successo del passaggio.
Minori e identità di genere: disagio reale e disagio indotto
Parlare di disagio d’identità di genere nel caso dei minori può includere una gamma di situazioni tra loro decisamente differenti il cui grado e intensità sono assolutamente variabili e possono esprimersi in modo più o meno evidente attraverso il comportamento, l’abbigliamento, gli interessi personali e le attività quotidiane svolte. Bisogna quindi valutare sempre con la massima attenzione e nella sua specificità ogni singolo caso: in generale i minori con identità di genere varianti sono quelli la cui identità, cioè la percezione che hanno del proprio sentirsi maschio o femmina (attenzione, che non ha quindi nulla a che vedere con il proprio orientamento sessuale) non coincide con quella attribuita alla nascita dalla società, sulla base dei loro organi genitali.
Il disagio “indotto” si verifica laddove ci sono minori che attuano comportamenti stereotipicamente (e superficialmente) considerati dal contesto culturale di appartenenza come più opportuni per il genere opposto: ad esempio le femmine che preferiscono giocare con i soldatini oppure i minori che preferiscono bambole, trucchi, gonneo o coroncine, solo per fare alcuni esempi. Di per sé, questo discostamento non avrebbe bisogno di sostegno né di essere patologizzato, ne tantomeno di essere corretto come se fosse un problema, ma questo comportamento però può diventare un serio problema se e quando dovesse venire stigmatizzato come sbagliato dalla società o da persone che lo giudicano impropriamente.
Casi decisamente più complessi e di disagio reale sono invece quelli laddove ci sono maschi che esprimono un disgusto per il pene e i testicoli, o quando ci sono femmine che rifiutano le mestruazioni o che non vogliono vedere il loro seno crescere, o che non desiderano fare pipì sedute. Solamente quindi laddove vi sia una significativa sofferenza che compromette la qualità della vita il DSM-5 (Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali) prevede la diagnosi di “disforia di genere”.
La presenza di comportamenti di genere non conformi non è quindi sempre associabile ad una diagnosi di disagio d’identità.
Il disagio dell’identità di genere non è più una malattia mentale
Finalmente, in data 18 giugno 2018, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha rilasciato una versione aggiornata dell’International Classification of Diseases (ICD) specificando che – oltre ad altre modifiche apportate – il disagio dell’identità di genere veniva rimosso dall’elenco di quelli che sono classificati come disturbi mentali.
Questo è stato un primo passo in termini di ufficializzazione in quantio il documento è poi stato presentato nel maggio 2019 all’Assemblea Mondiale della Sanità (organo legislativo dell’OMS) per l’adozione negli Stati membri, con l’obbligo di diventare effettivo probabilmente già nel gennaio 2020.
Transgender e identità di genere
Transgender è un termine generale utilizzato per riferirsi a tutte quelle persone la cui identità di genere non è percepita come allineata al genere assegnato alla nascita. L’espressione varianza di genere racchiude le molteplici identità transgender.
Le persone transgender avvertono in molti casi il bisogno urgente di ricorrere a terapie ormonali e/o a interventi chirurgici per adeguare il proprio corpo all’identità di genere avvertita interiormente; tale richiesta benchè assolutamente legittima, adeguata e costitutiva della diagnosi, per la stretta interconnessione tra psiche e soma è importante sia accolta e ridefinita primariamente all’interno di una presa in carico psicologica in grado di offrire uno spazio di contatto con se stessi, di accoglienza, di valorizzazione delle risorse. Nell’ottica della tutela del benessere della persona che presenta un disagio legato all’identità di genere è bene corrisponda ad una lenta e costante modificazione morfologica del corpo nei suoi aspetti somatici e ormonali, una altrettanto lenta modificazione psichica della rappresentazione del sé corporeo e dei vissuti psicologici intorno a questa riorganizzazione dell’identità di genere.